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lunedì 1 giugno 2009

immagine dal web "Cultura d'alto livello"
Op-post
Immaginavo che alcune delle critiche d’amici sul blog, sarebbero andate alla specificità d’alcune argomentazioni che rendono lo scritto un poco complicato.
Riguardo all’arte ritengo che un minimo bisogna conoscerne i temi, nell’arte non esiste solo “mi piace o non mi piace” o meglio non è sufficiente a definire un intervento artistico come tale.
A qualcuno la pop art piace ad altri no, ad altri piace il minimalismo e non l’arte concettuale, alcuni apprezzano la video-art altri non la considerano arte e via così. Molte opere portano con se contenuti, argomentazioni, simboli, metafore che spesso sono importanti per la comprensione di queste, nella pittura (e scultura) in passato gli stessi gesti pittorici o i segni, avevano un significato preciso e riconducibile ad altro.
Anche l’arte puramente decorativa, astratta o informale nella sua ricerca del gesto puro ha trovato opposizioni e critiche e non ha risolto il problema del gusto.
In particolare nell’arte contemporanea è importante sapere di che si parla, le cose proposte sono sicuramente difficili da comprendere (personalmente ne comprendo poche) ed inevitabile nasce il dubbio: è arte questa?
Certo non tutti si prendono il disturbo di studiarsi storia dell’arte o dell’estetica o a leggersi trattati di critica per vedersi una mostra, come uscire da quest’impiccio?
Si torna al “mi piace o non mi piace”, all’impatto emotivo, alla presunta soggettivazione del gusto, quando scrivo presunta è per evidenziare che credere al mondo d’oggi, circondati da mass media invasivi, mercanti senza scrupoli, potenti corrotti e un sistema di relazioni sociali basate sulle apparenze, che il nostro gusto non sia guidato è piuttosto qualunquista ed ignorante, o credere che dietro al mondo dell’arte non esista un sistema di gestione legata al profitto è da poveri illusi. Chi si occupa d’arte difficilmente non si accorge di questo. Ma se il mio gusto è guidato, come n’esco?
Penso che l’unica soluzione sia quella di informarsi, di sapere di che si tratta, di non fermarsi alla superficie, di dubitare di ciò che è proposto con tanta invadenza, di farsi un’idea propria basata su degli elementi conosciuti e da conoscere.
“L’arte contemporanea”, intesa in questo caso come stile specifico e non come arte dei nostri giorni, ha tutti i connotati del business, è come tale tende ad accentrare i consensi di chi partecipa a tale mercato, oltretutto è un’arte di privilegio non culturale ma economico soprattutto, solitamente partecipa a questo affare chi può permetterselo. Gli esclusi, il pubblico di massa, gli stipendiati di basso livello, gli operai, le casalinghe e tutti quelli che per lo più sopravvivono assistono da fuori al gran banchetto, godendo del luccichio lontano e magico e difficilmente capendone la natura.
Mi viene in mente un avvenimento di cui si narra nel medioevo quando i nobili lasciavano al popolo gli avanzi del pane, steso come tovaglie su cui mangiavano, intriso del sugo rilasciato dalle carni e dalle pietanze, il concetto più o meno è questo.
Noi il pubblico di massa siamo l’indotto, non possiamo comprare le opere perché al di fuori della nostra portata ma possiamo comprare i gadget, pagare i biglietti d’ingresso, leggere e comprare giornali e riviste del settore, acquistare le riproduzioni, ecc.e non sottovalutate gli aspetti psicologici di questo sistema, ma questo è un altro argomento.
Ecco perché ritengo che occuparsi d’arte non può sfuggire da queste obiezioni e necessità di un poco di conoscenza.
Prometto agli amici, se mi leggeranno ancora, di rendermi più comprensibile e li invito però ad occuparsi d’arte con un poco più d’impegno e potrebbero scoprire cose interessanti.
Un'altra critica è stata questa: “Ho l’impressione che ti parli addosso.”. Vero mi sto parlando addosso, un po’ come quelle persone che parlano da sole e pensiamo siano matte, ma del resto la follia non è ormai l’unica ribellione possibile?

Il cavaliere inesistente

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