Op-post
Immaginavo che alcune delle critiche d’amici sul blog, sarebbero andate alla specificità d’alcune argomentazioni che rendono lo scritto un poco complicato.
Riguardo all’arte ritengo che un minimo bisogna conoscerne i temi, nell’arte non esiste solo “mi piace o non mi piace” o meglio non è sufficiente a definire un intervento artistico come tale.
A qualcuno la pop art piace ad altri no, ad altri piace il minimalismo e non l’arte concettuale, alcuni apprezzano la video-art altri non la considerano arte e via così. Molte opere portano con se contenuti, argomentazioni, simboli, metafore che spesso sono importanti per la comprensione di queste, nella pittura (e scultura) in passato gli stessi gesti pittorici o i segni, avevano un significato preciso e riconducibile ad altro.
Anche l’arte puramente decorativa, astratta o informale nella sua ricerca del gesto puro ha trovato opposizioni e critiche e non ha risolto il problema del gusto.
In particolare nell’arte contemporanea è importante sapere di che si parla, le cose proposte sono sicuramente difficili da comprendere (personalmente ne comprendo poche) ed inevitabile nasce il dubbio: è arte questa?
Certo non tutti si prendono il disturbo di studiarsi storia dell’arte o dell’estetica o a leggersi trattati di critica per vedersi una mostra, come uscire da quest’impiccio?
Si torna al “mi piace o non mi piace”, all’impatto emotivo, alla presunta soggettivazione del gusto, quando scrivo presunta è per evidenziare che credere al mondo d’oggi, circondati da mass media invasivi, mercanti senza scrupoli, potenti corrotti e un sistema di relazioni sociali basate sulle apparenze, che il nostro gusto non sia guidato è piuttosto qualunquista ed ignorante, o credere che dietro al mondo dell’arte non esista un sistema di gestione legata al profitto è da poveri illusi. Chi si occupa d’arte difficilmente non si accorge di questo. Ma se il mio gusto è guidato, come n’esco?
Immaginavo che alcune delle critiche d’amici sul blog, sarebbero andate alla specificità d’alcune argomentazioni che rendono lo scritto un poco complicato.
Riguardo all’arte ritengo che un minimo bisogna conoscerne i temi, nell’arte non esiste solo “mi piace o non mi piace” o meglio non è sufficiente a definire un intervento artistico come tale.
A qualcuno la pop art piace ad altri no, ad altri piace il minimalismo e non l’arte concettuale, alcuni apprezzano la video-art altri non la considerano arte e via così. Molte opere portano con se contenuti, argomentazioni, simboli, metafore che spesso sono importanti per la comprensione di queste, nella pittura (e scultura) in passato gli stessi gesti pittorici o i segni, avevano un significato preciso e riconducibile ad altro.
Anche l’arte puramente decorativa, astratta o informale nella sua ricerca del gesto puro ha trovato opposizioni e critiche e non ha risolto il problema del gusto.
In particolare nell’arte contemporanea è importante sapere di che si parla, le cose proposte sono sicuramente difficili da comprendere (personalmente ne comprendo poche) ed inevitabile nasce il dubbio: è arte questa?
Certo non tutti si prendono il disturbo di studiarsi storia dell’arte o dell’estetica o a leggersi trattati di critica per vedersi una mostra, come uscire da quest’impiccio?
Si torna al “mi piace o non mi piace”, all’impatto emotivo, alla presunta soggettivazione del gusto, quando scrivo presunta è per evidenziare che credere al mondo d’oggi, circondati da mass media invasivi, mercanti senza scrupoli, potenti corrotti e un sistema di relazioni sociali basate sulle apparenze, che il nostro gusto non sia guidato è piuttosto qualunquista ed ignorante, o credere che dietro al mondo dell’arte non esista un sistema di gestione legata al profitto è da poveri illusi. Chi si occupa d’arte difficilmente non si accorge di questo. Ma se il mio gusto è guidato, come n’esco?
Penso che l’unica soluzione sia quella di informarsi, di sapere di che si tratta, di non fermarsi alla superficie, di dubitare di ciò che è proposto con tanta invadenza, di farsi un’idea propria basata su degli elementi conosciuti e da conoscere.
“L’arte contemporanea”, intesa in questo caso come stile specifico e non come arte dei nostri giorni, ha tutti i connotati del business, è come tale tende ad accentrare i consensi di chi partecipa a tale mercato, oltretutto è un’arte di privilegio non culturale ma economico soprattutto, solitamente partecipa a questo affare chi può permetterselo. Gli esclusi, il pubblico di massa, gli stipendiati di basso livello, gli operai, le casalinghe e tutti quelli che per lo più sopravvivono assistono da fuori al gran banchetto, godendo del luccichio lontano e magico e difficilmente capendone la natura.
Mi viene in mente un avvenimento di cui si narra nel medioevo quando i nobili lasciavano al popolo gli avanzi del pane, steso come tovaglie su cui mangiavano, intriso del sugo rilasciato dalle carni e dalle pietanze, il concetto più o meno è questo.
Noi il pubblico di massa siamo l’indotto, non possiamo comprare le opere perché al di fuori della nostra portata ma possiamo comprare i gadget, pagare i biglietti d’ingresso, leggere e comprare giornali e riviste del settore, acquistare le riproduzioni, ecc.e non sottovalutate gli aspetti psicologici di questo sistema, ma questo è un altro argomento.
Ecco perché ritengo che occuparsi d’arte non può sfuggire da queste obiezioni e necessità di un poco di conoscenza.
Prometto agli amici, se mi leggeranno ancora, di rendermi più comprensibile e li invito però ad occuparsi d’arte con un poco più d’impegno e potrebbero scoprire cose interessanti.
Un'altra critica è stata questa: “Ho l’impressione che ti parli addosso.”. Vero mi sto parlando addosso, un po’ come quelle persone che parlano da sole e pensiamo siano matte, ma del resto la follia non è ormai l’unica ribellione possibile?
Il cavaliere inesistente
“L’arte contemporanea”, intesa in questo caso come stile specifico e non come arte dei nostri giorni, ha tutti i connotati del business, è come tale tende ad accentrare i consensi di chi partecipa a tale mercato, oltretutto è un’arte di privilegio non culturale ma economico soprattutto, solitamente partecipa a questo affare chi può permetterselo. Gli esclusi, il pubblico di massa, gli stipendiati di basso livello, gli operai, le casalinghe e tutti quelli che per lo più sopravvivono assistono da fuori al gran banchetto, godendo del luccichio lontano e magico e difficilmente capendone la natura.
Mi viene in mente un avvenimento di cui si narra nel medioevo quando i nobili lasciavano al popolo gli avanzi del pane, steso come tovaglie su cui mangiavano, intriso del sugo rilasciato dalle carni e dalle pietanze, il concetto più o meno è questo.
Noi il pubblico di massa siamo l’indotto, non possiamo comprare le opere perché al di fuori della nostra portata ma possiamo comprare i gadget, pagare i biglietti d’ingresso, leggere e comprare giornali e riviste del settore, acquistare le riproduzioni, ecc.e non sottovalutate gli aspetti psicologici di questo sistema, ma questo è un altro argomento.
Ecco perché ritengo che occuparsi d’arte non può sfuggire da queste obiezioni e necessità di un poco di conoscenza.
Prometto agli amici, se mi leggeranno ancora, di rendermi più comprensibile e li invito però ad occuparsi d’arte con un poco più d’impegno e potrebbero scoprire cose interessanti.
Un'altra critica è stata questa: “Ho l’impressione che ti parli addosso.”. Vero mi sto parlando addosso, un po’ come quelle persone che parlano da sole e pensiamo siano matte, ma del resto la follia non è ormai l’unica ribellione possibile?
Il cavaliere inesistente
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