RISVEGLI”FREDDI” ("Proesie" all'alba, inizi di pezzi)
I piedi sono i primi a farsi sentire, li ho coperti bene con i giornali, ma non bastano mai. Li ho avvolti tra più pagine, ben schiacciati per farli aderire e poi sopra i calzettoni, preziosissimi.
I piedi sono i primi a farsi sentire, li ho coperti bene con i giornali, ma non bastano mai. Li ho avvolti tra più pagine, ben schiacciati per farli aderire e poi sopra i calzettoni, preziosissimi.
L’ideale sarebbe un calzino da indossare prima dei giornali, devo procurarmelo, forse dai preti. Dal finestrino entra la luce dell’alba.
Mi tiro il giaccone un po più su a coprire il collo, a discapito dei piedi.
Mi tiro il giaccone un po più su a coprire il collo, a discapito dei piedi.
Dopo aver freneticamente agitato le dita per attivare la circolazione, stanno un poco meglio.
Tengo il giaccone steso per il lungo, in modo che le maniche arrivino da una parte a coprire in qualche modo i piedi e dall’altra per coprire il collo o quasi,
un cappotto è meglio.
Dei rumori, qualche addetto alle pulizie o forse qualche ferroviere che controlla la carrozza, non me ne preoccupo, mi alzerò solo se necessario, ancora un oretta posso restare e non sono disposto a farmela rovinare da timori infondati, spesso si sentono rumori che si rivelano ininfluenti. Sono passi, mi irrigidisco.
L’assenza del freddo descrive meglio la sensazione che non una semplice percezione di caldo o calore.
Una stanza d’ospedale, blindata per l’evenienza, che trasmette assenza di freddo può sembrare un assurdità.
Guardo verso la porta, chiusa e da uno spazio laterale parallelo alla stessa, coperto da in vetro corazzato, intravedo la divisa di un carabiniere, piano, piano ricordo.
Dei rumori, qualche addetto alle pulizie o forse qualche ferroviere che controlla la carrozza, non me ne preoccupo, mi alzerò solo se necessario, ancora un oretta posso restare e non sono disposto a farmela rovinare da timori infondati, spesso si sentono rumori che si rivelano ininfluenti. Sono passi, mi irrigidisco.
L’assenza del freddo descrive meglio la sensazione che non una semplice percezione di caldo o calore.
Una stanza d’ospedale, blindata per l’evenienza, che trasmette assenza di freddo può sembrare un assurdità.
Guardo verso la porta, chiusa e da uno spazio laterale parallelo alla stessa, coperto da in vetro corazzato, intravedo la divisa di un carabiniere, piano, piano ricordo.
Alzo il braccio sinistro e vedo la fasciatura al polso.
Dovevi farlo per lungo è la frase che mo appare, quasi scritta e vedo Antonello con il suo ghigno sprezzante,
alla fine l’ho fatto sul serio.
Alzo la testiera del letto con il telecomando, di là mi sentono muovere e un carabiniere si affaccia al pannello trasparente blindato.
Il giorno prima eravamo riusciti ad avere dei quartini di vino barattandoli con sigarette, il rischio dentro, quando bevi troppo è che ti prenda la “balla triste”, poi fai "cazzate". Come dei "flash" mi appaiono le scene della serata, la parte superiore metallica di un accendino bic strappata con i denti, in isolamento non avevi altro, solo più tardi quando entri in sezione hai mezzi più adeguati per farti del male. La bomboletta del gas come anestetico spruzzato sulla parte da incidere (c’è chi lo usa anche aspirandolo per inebriarsi, estremamente pericoloso perché se esageri “ti ghiaccia i polmoni e muori”), la parte più tagliente del metallo è più una punta e più che un taglio è uno squarcio, poco profondo ma martoriato.
Il giorno prima eravamo riusciti ad avere dei quartini di vino barattandoli con sigarette, il rischio dentro, quando bevi troppo è che ti prenda la “balla triste”, poi fai "cazzate". Come dei "flash" mi appaiono le scene della serata, la parte superiore metallica di un accendino bic strappata con i denti, in isolamento non avevi altro, solo più tardi quando entri in sezione hai mezzi più adeguati per farti del male. La bomboletta del gas come anestetico spruzzato sulla parte da incidere (c’è chi lo usa anche aspirandolo per inebriarsi, estremamente pericoloso perché se esageri “ti ghiaccia i polmoni e muori”), la parte più tagliente del metallo è più una punta e più che un taglio è uno squarcio, poco profondo ma martoriato.
Devo essere svenuto, penso più per la "sbronza" e la perdita del sangue che per altro.
L’ultimo ricordo è Antonello che chiama le guardie con molta calma …….saranno tre o quattro giorni in meno, da scalare dalla carcerazione.
L’ultimo ricordo è Antonello che chiama le guardie con molta calma …….saranno tre o quattro giorni in meno, da scalare dalla carcerazione.
Un soggiorno all’ospedale, oggi, è assenza di freddo.
La coscienza quasi immediata del dovere, nella sua inesorabile violenza necessaria.
In pochi secondi ripassi mentalmente tutte le operazioni che ti servono per arrivare al lavoro, il caffè, lavarsi il viso, i denti, vestirsi, prendere tutto quello che serve, le chiavi.
Finito di ripassarle mentalmente ti accorgi di averle già fatte e stai uscendo.
Il giro scale nella sua gialla luce malinconica ti accogle con la stessa freddezza dell’ azienda che ti paga, scendi le scale con lentezza, il freddo sta per prendersi il tuo calore.
“La “roba” frigge nel cucchiaino, scura, brown sugar, è pronta, appallottolo un poco di cotone e lo metto nel liquido, con la punta dell’ago infilata nel filtro occasionale aspiro il contenuto fino all’ultima goccia.
La certezza che tra poco starò da “dio” quasi mi permette di anticipare, per alcuni istanti, il benessere atteso.
Mi preparo all’iniezione, su la manica, la cintura intorno alla parte superiore del braccio con un capo infilato tra i denti per tirare e stringere, l’ago entra in una vena martoriata ma proprio mentre sto per premere lo stantuffo con orrore il liquido contenuto nella siringa si trasforma in argento liquido, mercurio forse, sconvolto quasi strappo la siringa dal braccio e …”
Sbarro gli occhi in un lago di sudore, mentre un senso di freddo che parte da dentro mi scuote, un sogno, un maledetto incubo, cristo!
Tiro le coperte al mento per non disperdere calore, ma è inutile.
Il sudore mi ricopre avvolgendomi in una guaina umidiccia e fredda, l’unico modo per togliere parzialmente questa sensazione è un bagno caldo. Mi alzo in fretta, lo stomaco una pietra, il corpo indolenzito, mi dirigo in bagno, lascio scorrere l’acqua bollente aggiungendo pochissimo bagno schiuma e raggiunta la temperatura adatta(caldissima) mi ci immergo, lascio che il corpo torni lentamente a riprendere calore e che la patina di sudore si sciolga nell’acqua, il benessere è momentaneo ma utile.
Il bagno mi rende un poco di carica, mi preparo un caffè leggero con poco latte non sarei in grado di consumare altro, rischierei di vomitarlo.
Sono appena le otto, la giornata è fredda, non ho più un euro, devo farmi, esco, mi vesto molto, il freddo sarà insopportabile.
Apro gli occhi ma ero sveglio già da un pezzo.
La coscienza quasi immediata del dovere, nella sua inesorabile violenza necessaria.
In pochi secondi ripassi mentalmente tutte le operazioni che ti servono per arrivare al lavoro, il caffè, lavarsi il viso, i denti, vestirsi, prendere tutto quello che serve, le chiavi.
Finito di ripassarle mentalmente ti accorgi di averle già fatte e stai uscendo.
Il giro scale nella sua gialla luce malinconica ti accogle con la stessa freddezza dell’ azienda che ti paga, scendi le scale con lentezza, il freddo sta per prendersi il tuo calore.
“La “roba” frigge nel cucchiaino, scura, brown sugar, è pronta, appallottolo un poco di cotone e lo metto nel liquido, con la punta dell’ago infilata nel filtro occasionale aspiro il contenuto fino all’ultima goccia.
La certezza che tra poco starò da “dio” quasi mi permette di anticipare, per alcuni istanti, il benessere atteso.
Mi preparo all’iniezione, su la manica, la cintura intorno alla parte superiore del braccio con un capo infilato tra i denti per tirare e stringere, l’ago entra in una vena martoriata ma proprio mentre sto per premere lo stantuffo con orrore il liquido contenuto nella siringa si trasforma in argento liquido, mercurio forse, sconvolto quasi strappo la siringa dal braccio e …”
Sbarro gli occhi in un lago di sudore, mentre un senso di freddo che parte da dentro mi scuote, un sogno, un maledetto incubo, cristo!
Tiro le coperte al mento per non disperdere calore, ma è inutile.
Il sudore mi ricopre avvolgendomi in una guaina umidiccia e fredda, l’unico modo per togliere parzialmente questa sensazione è un bagno caldo. Mi alzo in fretta, lo stomaco una pietra, il corpo indolenzito, mi dirigo in bagno, lascio scorrere l’acqua bollente aggiungendo pochissimo bagno schiuma e raggiunta la temperatura adatta(caldissima) mi ci immergo, lascio che il corpo torni lentamente a riprendere calore e che la patina di sudore si sciolga nell’acqua, il benessere è momentaneo ma utile.
Il bagno mi rende un poco di carica, mi preparo un caffè leggero con poco latte non sarei in grado di consumare altro, rischierei di vomitarlo.
Sono appena le otto, la giornata è fredda, non ho più un euro, devo farmi, esco, mi vesto molto, il freddo sarà insopportabile.
Apro gli occhi ma ero sveglio già da un pezzo.
Non sveglio completamente, quel sonno che sembra di non dormire, nemmeno dormiveglia.
Un abbassamento del livello cognitivo che ti impedisce di riconoscere se stai dormendo o no.
La stanza è ampia o sembra così perché c’è solo il letto, matrimoniale, e un armadio ridotto. Distinguo nettamente il calore del corpo sotto la trapunta pesante e il freddo dell’aria sul viso esposto, non è spiacevole.
La stanza è ampia o sembra così perché c’è solo il letto, matrimoniale, e un armadio ridotto. Distinguo nettamente il calore del corpo sotto la trapunta pesante e il freddo dell’aria sul viso esposto, non è spiacevole.
Il viso è più resistente al freddo e poi se diventa insopportabile posso subito immergerlo tra le pieghe della trapunta.
Mi sveglio stanco, non ho sonno ma non voglio alzarmi, ho paura di dormire, di sognare.
Mi sveglio stanco, non ho sonno ma non voglio alzarmi, ho paura di dormire, di sognare.
"In cima ad una collina, vicina ma allo stesso tempo lontana come solo nei sogni è possibile, in piedi, alto, coperto da una palandrana composta da decine di filamenti o meglio strisce dai colori sgargianti, avvolto da un alone verde, mi guarda attraverso, come solo nei sogni è possibile. Una barba lunga ma non bianca, ne nera, un grigio sporco, i lineamenti non sono chiari.
Una sensazione non fisica ma visiva di calore, quasi doloroso,
da ambire ad un rifugio visivo, freddo."
Nient’altro,
eppure l’intensità della scena è travolgente,
l’essere, lo stregone (è il termine che meglio si adatta alla sua descrizione) è il mio inesorabile destino e ne fuggo verso la visione rassicurante del quotidiano più banale e freddo.
Il cavaliere inesistente
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