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giovedì 11 giugno 2009

Il creativo corrotto

Diversabili (olio su cartone telato)
Da alcuni anni ho preso la pessima abitudine di seguire con una certa costanza i notiziari locali (Bolzano e provincia) sia quelli televisivi che cartacei, in particolare ho ritualizzato il caffè/cappuccino mattutino con la lettura del nostro quotidiano principale e la prima (sperando sia l’ultima) sigaretta del giorno, sembra quasi un rito masochista, mi danneggio in tre modi diversi.
Un rito propiziatorio alla negatività, un automatismo scaramantico all’inverso.
Caffè e tabacco si “occupano” del corpo, l’informazione fa il resto.

La lettura del giornale riesce a darmi quella disposizione d’animo necessaria ad affrontare il giorno, il giusto equilibrio di rabbia e frustrazione utile ad affrontare altri arrabbiati frustrati.
La contraddittorietà delle notizie riportate, la mancanza di dibattito, la “confusione” della realtà, le censure e le sovrabbondanze sospette d’alcune notizie non informano, provocano reazioni.
Leggere il giornale è una piccola iniezione d’emozioni.
Ci s’indigna, ci si stupisce, ci si arrabbia o irrita, ci si commuove, ci si spazientisce, ci abbatte, ci sostiene, si ride, facendoci provare piccole emozioni preconfezionate.
E’ una tv scritta, se non nei comunicati puramente tecnici (pure su quelli ci sono dubbi) la realtà, quella del quotidiano che a noi solitamente interessa, è travisata, negata e distorta.
Prendetevi il disturbo di leggere il giornale con atteggiamento fortemente critico, probabilmente ve n’accorgete.
La mia attenzione naturalmente è catturata dalle pagine culturali e dagli eventi artistici, non entro nel merito degli articoli inerenti, cosciente che la maggior parte sono marchette, ma alcuni giorni fa ho letto un articolo su un’iniziativa, sicuramente lodevole, ma che poneva un tema che ritengo rilevante (lo poneva con già la soluzione inserita e di parte), la creatività è arte? Basta davvero che si comunichi qualcosa (qualunque cosa?) per essere artisti? Ma se chiunque comunica qualcosa (qualunque cosa), tutti sono artisti? Ma se siamo tutti artisti (tutti crediamo d’avere qualcosa da dire) come mai esiste l’Arte? Nella notizia si affermava, in effetti, che per far arte basta comunicare qualcosa.

Riflettendo sulla creatività e sulla sua differenza e/o afferenza con l’arte mi accorgo della necessità da una parte di separare le due istanze ma dall’altra una forte tendenza a tenerle unite. Ritengo sia un grosso errore credere che ai nostri tempi creatività ed arte sia la stessa cosa, come già in un post precedente ebbi a dire. Penso che la creatività sia una parte con una sua autonomia e indipendenza, di altro, ancora poco chiaro, che si chiama arte. Un elemento certo rilevante ma non esaustivo.
La creatività resta troppo lontana dal ciò che si vuole dire, è ininfluente cosa è detto o fatto.
Ecco perché abbiamo i creativi nella finanza, nella pubblicità, nei gadget, nella moda e via, via in tutti i campi delle attività umane (nella criminalità un killer esperto e con una certa inventiva nell’eseguire il suo lavoro, può essere definito creativo).
Senza creatività, per altro, non esisterebbe l’arte. Ma se l’origine dell’arte è legata alla creatività, il suo sviluppo storico pare se ne sia allontanato, differenziandosi ma non slegandosi.
L’arte è la creatività “utilizzata per”…, dove quel “utilizzata per” si trova nel senso estetico dell’epoca. Mi rendo conto che entriamo in un campo particolarmente complicato, ma è proprio qui il punto.
Ad un creativo generico non importa sapere d’estetica, di gusto (o disgusto), di bello (o brutto) perché il suo obiettivo può non essere quello, ma anche un artista non è tenuto a sapere d’estetica o di filosofia e ritrovarsi artista.
Un creativo può avere un obiettivo economico, per un artista si è sempre ritenuto che lo scopo ultimo non dovrebbe essere quello del profitto (per lo meno non l’unico) ma questo non è vero e ce n’accorgiamo.
I tecnicismi dell’artigianato assomigliano sempre più ad opere d’arte (intese come opere belle, di buon gusto, esteticamente valide), come in fondo quasi tutte le attività specializzate (e nemmeno troppo) che riscontrano il favore del gruppo social-culturale d’appartenenza.
Quando si parla di gusto ed estetica si parla in fondo di tutto il vissuto umano, non tentiamo tutti di vivere cercando ciò che ci piace? Il gusto dovrebbe determinare ciò che ci piace, viviamo secondo il nostro gusto (o senso estetico).
Almeno così crediamo.
Facciamo un esempio, gli hamburger di una nota casa alimentare stanno riscuotendo un favore da parte delle nuove generazione che lascia esterrefatti, se parlate generalmente con persone che superano i 40 anni troverete ben pochi favorevoli a quest’alimento, se non addirittura molto contrari.
A questo punto le cose sono quattro o negli ultimi 30/40 anni c’è stata una mutazione organica delle papille gustative umane, quindi le nuove generazioni apprezzano particolarmente questo cibo o la catena alimentare ha inventato il gusto perfetto (ma allora piacerebbe a tutti e in eguale misura) o la campagna promozionale, il monopolio del mercato, il marketing hanno sortito il loro effetto o lo stile di vita contemporaneo ( anche in questo caso varrebbe per tutti anche per i 50enni e più su) porta a questo tipo di consumazione (anche questo è condizionamento). Personalmente propendo per la terza scelta. In questo caso il gusto è stato guidato. Non voglio ritornare sui soliti temi della mercificazione di tutto ma io non posso esimermi da tenerne conto. Pensiamo alla musica (con internet le cose stanno cambiando), c’è un certo tipo di musica che non è mai mandata dai mass-media, ma ce n’è altra che ci ossessiona per la frequenza con cui è esposta, prendiamo la televisione, il più grande strumento d’informazione di massa, il più gran rincoglionitore di massa, tradotto.
Le veline sono artiste, i calciatori artisti, le comparse in un serial sono artisti, i conduttori di quiz sono artisti, all'opposto comici censurati, come anche certi giornalisti o attori (probabilmente veri artisti), la tv è ossessiva, pornografica (in senso di sfruttamento della pornografia), a culturale. Certi libri raramente li troverete nelle scuole (da qualunque ideologia arrivino), certe notizie non le avremo mai (pensate a tutte le inchieste irrisolte nel nostro paese). In passato per l’arte, lo spazio concesso dai media è sempre stato ridotto o inesistente (non aveva valore o non era ancora stato dato) ora aumenta esponenzialmente, conoscendo la parzialità dei media nascono forti dubbi.
Ma torniamo al gusto.
Io penso che non siamo liberi nelle nostre scelte (credo anche le più banali) non solo per tutta una serie di complicazioni social-culturali-psicoevolutive, probabilmente inevitabili, ma anche perché esiste tutto un sistema di mercato che ci condiziona, un mercato che è entrato a far parte d’ogni aspetto del nostro vivere, perfino quello cognitivo (quante volte ci scopriamo a ragionare in termini di tornaconto personale e non parlo solo di “vil denaro” o come diciamo quando vogliamo "far fare" i compiti ai figli :”Se li fai dopo ti do …..” o ancora :”Se fai il bravo prendi …..”), ma soprattutto quello del gusto, del ciò che ci piace, perché se una cosa non ci piace solitamente non la vogliamo (e per questo un po’ devono farcela piacere, e qui nasce tutto un altro discorso) e non la consumiamo.
La differenza tra creatività ed arte probabilmente si deve trovare nel senso estetico.
La creatività è il senso estetico dominante dove ogni azione produttiva, anche ideologica o quant’ altro, è tesa al profitto, dove tutto quello che è vendibile è lodevole e in un mondo d’apparenze e finzioni è anche falso.
Probabilmente a questo punto urge un chiarimento, anzi due. La tendenza a generalizzare, pessima caratteristica umana, porta forse a credere che io pensi che ogni sforzo individuale e non, sia assolutamente corrotto, non è così ma ritengo che le realtà che seguono altre indicazioni da quelle sopra citate sono marginali e per lo più inserite in contesti quasi “folkloristici” e ideologizzati.
Secondo chiarimento, quando parlo di profitto, non intendo solo soldi, ma consenso, potere, pubblicità, vantaggio, privilegio, monopolio, riconoscimento sociale, fenomeni che portano però inevitabilmente all’accumulo di denaro, da rispartire.
“L’arte” potrebbe essere il senso estetico alternativo, penso che glielo consenta la storia, un ruolo datogli dalla continua ricerca del ciò che può piacere (e perché), ricerca che non è indispensabile per la creatività, se l’arte si occupa di ciò che può piacere (e non piacere) può contrastare la “perdizione” della creatività, distinguendosi da essa e falsificandone gli aspetti a partire dal suo stesso significato. L’arte deve combattere il mercato se vuole trasformarsi in qualcosa di nuovo che ci può piacere più di quello che in fondo, ci fanno piacere (o non ci fanno piacere) adesso.
Se la differenza tra arte e creatività ora è poco riconoscibile è proprio nella sua diversificazione voluta che si può contrastare l’estetica del mercato. Per questo penso che al momento l’arte deve restare divisa dalla creatività, ed affermarlo con evidenza, poi in un tanto ipotetico quanto forse utopico futuro, in cui nessuno ci dirà cosa ci deve piacere e cosa no, creatività ed arte possono riunirsi senza paura di confondersi, forse.
Il cavaliere inesistente

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